Adeguamento Tariffe: Esiti Interpellanza urgente al Ministro della Salute presentata dal Sen. D’Anna+38

 

Pubblichiamo il testo, nonché il video, dell'intervento in Aula del Sen. Vincenzo D'Anna nel corso dell'interpellanza urgente al Ministro della Salute in merito all'adeguamento delle tariffe. 

 

PRESIDENTE. Segue l'interpellanza 2-00090, con procedimento abbreviato, ai sensi dell'articolo 156-bis del Regolamento, sul completamento della revisione delle tariffe sanitarie.

 

Ha facoltà di parlare il senatore D'Anna per illustrare tale interpellanza.

 

D'ANNA (GAL). Signor Presidente, signor sottosegretario Fadda, illustro un'interpellanza presentata agli Uffici del Senato il 6 novembre 2013 ed è più che eloquente che, se il Governo viene in quest'Aula a rispondere dopo tre mesi, il termine urgente diventa un'offesa per chi ha sottoscritto questa interpellanza (ben 38 senatori) e, mi sia consentito dirlo, ridicolo per chi risponde.

È una questione che non riguarda lei ma che rivolgo alla Presidenza del Senato. Si parla tanto di modifica dei Regolamenti, ma mentre alla Camera le interpellanze e le interrogazioni ricevono puntuale risposta entro 15-20 giorni, un mese al massimo, nel nostro Regolamento il potere di sindacato ispettivo dei senatori è ridotto al minimo indispensabile, vale a dire ad avere qualche vaga notizia quando il Governo è disponibile a darla per cui, nel migliore dei casi, questa diventa anacronistica.

Detto ciò, non mi illudo che lei mi dia delle risposte, né mi illudo che questo mio interpellarla possa servire a smuovere le cose, non solo perché tre mesi sono niente rispetto ai 18 anni, dicasi 18, dall'ultima revisione delle tariffe di remunerazione delle prestazioni - tempi che si commentano da soli - ma anche perché quel nomenclatore tariffario, il cosiddetto Bindi, adottato nel lontano 1996, è stato puntualmente annullato dal TAR e dal successivo Consiglio di Stato e stessa sorte, per carenza di istruttoria, è toccata ad un altro tariffario adottato dal ministro Turco nel 2008.

In questa nazione si perpetra già una grande sperequazione nei confronti di una parte della sanità pubblica; vorrei ricordare all'Aula e al Ministro che la sanità pubblica non è esclusivamente monopolio statale, perché quando si parla di sanità pubblica ci si riferisce anche a quella parte che non è a gestione statale in quanto quest'ultima, come lei insegna, è accessibile a tutti e gratuita per chi ne ha diritto.

Orbene, in questo Stato per la stessa prestazione si paga a tariffa una parte e si continua a voler far pagare a piè di lista l'omologa parte a gestione statale creando una forma di sperequazione, più volte censurata dall'autorità Antitrust, che non ha senso in uno Stato che piange miseria e continua ad imporre tasse a causa di un deficit strutturale e della grande mole di debito pubblico. Infatti, logica ed economicità vorrebbero che se dall'esterno acquistiamo una prestazione con determinati criteri di qualità ad un prezzo predeterminato, all'interno di quel prezzo dovrebbe stare anche la parte riferita all'analoga struttura pubblica che fornisce la stessa identica prestazione, sia essa una glicemia, una visita specialistica o una radiografia.

Poiché questo è incomprensibile, se non guardando il pregiudizio ideologico che vi è verso quella parte della sanità, che non è a diretta gestione dello Stato ma, a quanto pare, molto accorsata dai cittadini, che viene ulteriormente gravata da un'altra tagliola: i cosiddetti tetti di spesa per cui si definisce un budget predeterminato (lo Stato ha l'arroganza di predeterminarlo in molte Regioni mettendo gravami e limiti di fatturato alle strutture) non tenendo conto che forse da questo comparto economicità, efficienza e qualità sono migliori di quella parte a gestione statale, non fosse altro che perché il professionista o l'imprenditore privato ha tutto l'interesse a legare la qualità della prestazione che offre al gradimento dell'utente.

Quindi, questi tetti di spesa sono usati come forma surrettizia di sviamento dell'utenza perché, una volta esauriti gli stessi tetti di spesa, o si pagano le prestazioni o ci si mette in fila, con bibliche liste d'attesa (che non esistono nella parte del privato accreditato, ma nessuno lo dice).

Signor Sottosegretario, se lei va a Firenze, per avere una risonanza magnetica ci vogliono quattro mesi; a Napoli o in Sicilia la ottiene in 48 ore. Ma ciò che ha il crisma della non gratuità pare che sia ancora, in questo Stato che io chiama cripto-socialista, qualcosa di negativo. Infatti, laddove c'è il profitto - probabilmente qualcuno confonde il profitto che con i profittatori - non c'è lo stipendio e quindi c'è chi si procura, nell'ambito delle leggi e dei regolamenti, un giusto guadagno per la prestazione professionale o imprenditoriale che fa.

Perché ho fatto questa promessa? Perché è inconcepibile (anzi è piuttosto chiaro) che laddove si paghi a tariffe, e quindi non ci sono carrozzoni, clientele né ricadute in termini elettorali, questo venga disatteso per circa vent'anni. Perché se con le stesse tariffe - secondo un disegno di legge di cui sono primo firmatario, che sottolineo al sottosegretario Fadda - noi equiparassimo i due sistemi, creando un regime di leale concorrenza con lo Stato che controlla la qualità, l'efficacia e l'efficienza delle strutture, noi avremmo un tariffario unico per cui lo stesso esame della glicemia costerebbe dovunque allo stesso modo, e quindi, quel tariffario, ovvero la giusta remunerazione che il professionista o la struttura che eroga quella prestazione deve ricevere, tutelerebbe l'interesse sia della parte pubblica sia della parte privata accreditata.

Quando parlo della parte privata accreditata - lo dico in quest'Aula piuttosto deserta - non è il privato lucrativo: è un privato che svolge un servizio pubblico a prezzi concordati, quindi a tariffa sociale, e lo fa nei termini in cui lo Stato gli dice di dover fare. In tal modo si risolverebbe anche il problema di questi professionisti che anticipano il 90 per cento di tasse su emolumenti che non ricevono, perché i ritardati pagamenti vanno da sei mesi fino ad un anno e mezzo.

Noi non riusciamo da vent'anni ad avere un corretto calcolo delle tariffe di remunerazione, atteso che queste non sono solo l'espressione dell'interesse, per quanto legittimo, dell'erogatore, signor Sottosegretario, ma sono l'espressione della qualità delle prestazioni, perché se c'è qualcuno che finge di pagarle c'è qualcuno che fingerà di farle: con il panno di Prato non si possono fare i vestiti fumo di Londra.

Se noi siamo arrivati alla determinazione di tariffe che, così come ha recentemente riconosciuto lo stesso TAR - che poi ha preso decisioni eminentemente politiche - non sono state correttamente calcolate (per la verità non lo sono mai state) se queste tariffe non coprono i costi di produzione della prestazione, mi spieghi lei qual è la garanzia di qualità e di attendibilità degli eami che vengono retribuiti con queste tariffe.

Quindi, qui non c'è solo il problema di remunerare chi opera, ma anche di garantire colui che riceve questa prestazione.

In conclusione, le volete fare queste tariffe oppure volete continuare a contrabbandare ad nutum, a seconda di quello che avete in tasca, delle tariffe di remunerazione pagando la metà di ciò che costa il doppio? Signor Sottosegretario, questa è la semplice domanda che io, davanti al popolo italiano, le pongo.

 

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo ha facoltà di rispondere all'interpellanza testé svolta.

 

FADDA, sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, come sempre il senatore D'Anna è brillante nell'esporre problemi (alcuni dei quali citati nella premessa dell'interpellanza) che riguardano e angosciano comunque tutto il sistema sanitario, dal rapporto tra pubblico e privato ai tetti di spesa, dai piani di rientro ai debiti della pubblica amministrazione. Io però mi limiterò alla risposta all'interpellanza, perché credo che avremo altre occasioni per discutere dei temi che il senatore ha voluto accennare nell'intervento di poco fa.

In merito alla costituzione e al completamento dei lavori della commissione, di cui all'articolo 15 del decreto-legge n. 95 del 2012, che prevede la formulazione di proposte finalizzate all'aggiornamento delle tariffe in materia di assistenza specialistica ambulatoriale e ospedaliera, come illustrato dagli onorevoli interpellanti, che hanno inoltre evidenziato, non solo la non attuazione della norma, ma anche le criticità conseguenti nei confronti del sistema sanitario - come vede, senatore D'Anna, in tante cose condividiamo l'impostazione che lei ha dato - e, nello specifico, degli operatori coinvolti, sono necessarie delle precisazioni.

Con decreto ministeriale 29 gennaio 2013 è stata nominata la commissione per la formulazione di proposte di aggiornamento delle tariffe.

La commissione sì è insediata in data 14 febbraio 2013 e, nel corso della prima riunione, in considerazione del fatto che sullo schema del citato decreto ministeriale del 18 ottobre 2012 non era stata raggiunta l'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, essa ha invitato i componenti nominati in rappresentanza della stessa Conferenza a formalizzare eventuali proposte emendative al vigente tariffario nazionale, da elaborare nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e da valutare nel corso di un incontro successivo, allo scopo di superare le divergenze emerse tra le amministrazioni centrali e le Regioni sul contenuto di tale provvedimento. Nella stessa riunione la commissione ha altresì ritenuto opportuno procedere al confronto con le associazioni di categoria dopo l'esame delle proposte dei rappresentanti della Conferenza delle Regioni e Province autonome.

I rappresentanti regionali, nonostante i solleciti in data 5 e 24 aprile 2013, non hanno trasmesso alcuna proposta. Ma addirittura, in data 6 giugno 2013, hanno comunicato di aver chiesto alla commissione salute della Conferenza delle Regioni e Province autonome di verificare le effettive funzioni all'interno dell'organo collegiale.

Inoltre, con nota del 2 luglio 2013, il Presidente della Conferenza delle Regioni e Province autonome ha chiesto - ripeto, ha chiesto - la sospensione dei lavori della commissione, alla luce dell'avvio dell'esame del nuovo Patto per la salute, nell'ambito del quale dovrà essere affrontato il tema della revisione del sistema di remunerazione e dei livelli essenziali di assistenza.

Occorre ricordare che, avverso il citato decreto 18 ottobre 2012, sono state avanzate diffide e richieste di annullamento e sono tuttora pendenti dinanzi al giudice amministrativo numerosi ricorsi promossi da associazioni di categoria e da singole strutture private.

Nonostante quanto esposto e in considerazione della natura acceleratoria del termine prescritto dalla norma per il completamento dei lavori della commissione per l'aggiornamento delle tariffe in materia di assistenza specialistica ambulatoriale e ospedaliera, la commissione si è nuovamente riunita il giorno 26 novembre 2013. In tale seduta si è provveduto ad informare i rappresentanti regionali sui contenuti delle diffide e dei ricorsi presentati dalle Associazioni di categoria, chiedendo agli stessi di rendere note alla commissione le proprie osservazioni sui contenuti della memoria difensiva redatta dal Ministero della salute, nonché di trasmettere, qualora esistenti, nuovi studi sui costi condotti a livello regionale, con particolare riferimento alla specialistica ambulatoriale, da porre a fondamento di eventuali proposte di aggiornamento delle tariffe di cui al decreto ministeriale 18 ottobre 2012.

Successivamente alla riunione del 26 novembre 2013, il TAR del Lazio, pur rilevando talune criticità con riferimento alle tariffe relative alle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di laboratorio, ha rigettato i numerosi ricorsi avverso il decreto del 2012, confermando la sostanziale legittimità del provvedimento in esame. 

In conclusione, appare chiaro come la tematica sollevata e le oggettive criticità esistenti segnalate dalla interpellanza in esame, non sono riconducibili solo alle iniziative del Ministero, ma sono invece anche conseguenti al complesso iter della procedura prescritta dalla normativa.

Pertanto, voglio rassicurare che il Ministero della salute, nel condividere quanto espresso dai Senatori interpellanti, rivolge il proprio costante impegno ai fini del completamento dei lavori di revisione delle tariffe in questione.

 

D'ANNA (GAL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ANNA (GAL). Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Fadda per la risposta che, in verità, mi era già nota perché io seguo costantemente questa materia.

È ormai noto a tutti che la modifica del Titolo V ha fatto della sanità italiana il vestito di arlecchino. Tuttavia, lei, signor Sottosegretario, una cosa può farla; lei sa che adesso vige un nomenclatore tariffario fatto alla carlona da un commissario ad acta nominato dal TAR. Questo TAR, pur respingendo in questa prima fase, che sarà a breve seguita dalla pronuncia del Consiglio di Stato, ha rilevato che quelle tariffe tuttora vigenti e adottate dalle Regioni devono essere ricalcolate perché deve essere aggiunta all'entità tariffaria l'entità dello sconto. C'è infatti un doppio vulnus; il taglio delle tariffe e la sussistenza dello sconto previsto dalla legge finanziaria del 2007 che il TAR stesso ritiene esaurito alla data del 31 dicembre 2012.

Pertanto, se il Ministero volesse, nelle more della intricata vicenda, porre in essere ciò che la sentenza del Consiglio del TAR Lazio ha determinato - e so che le associazioni di categoria hanno già tempestivamente informato della questione sia il Ministero che le Regioni - andremmo a recuperare almeno una parte di quel taglio che acriticamente è stato fatto. 

Ricevo molte critiche per essere uno dei fautori della formazione di consorzi e dell'accentramento diagnostico, perché so bene che lo Stato non è nella condizione di largheggiare. Mi trovo così tra Scilla e Cariddi, tra chi mi rimprovera il fatto di voler distruggere un patrimonio di strutture piccolino e chi mi dice che tutti questi nostri sforzi non servono a niente se la tariffa non è remunerativa se non per volumi di prestazioni talmente alti da ridurre in Italia la laboratoristica, come nel caso in ispecie, a poche decine di laboratori. 

Signor Sottosegretario, capirà l'impatto sulla disoccupazione: mi chiedo dunque perché debba essere dispersa questa rete, che non costa nulla allo Stato, che è molto gradita ai cittadini, visto che migliora l'accessibilità alle prestazioni, in un contesto in cui la medicina territoriale deve superare il principio «ospedalocentrico» e quindi, laddove è possibile, deve portare le cure a casa del malato e non viceversa. Auspico dunque che il Ministro e il Sottosegretario si facciano promotori di riscrivere immediatamente il decreto in esame, aderendo al dettato del TAR, e quindi di ripubblicare le nuove tariffe sanitarie, in cui ovviamente venga riconosciuta, come ha chiesto il TAR, almeno quella parte della tariffa che impropriamente il commissario ad acta ha sottratto, essendo ormai cessato l'istituto dello sconto.

Ciò aiuterebbe le strutture che si stanno organizzando in consorzi. Possiamo fare tutte le rivoluzioni che vogliamo, possiamo modernizzare il sistema, ma la gente deve arrivare viva alla creazione del consorzio. Se non provvederete almeno a questo adempimento, come vi invita a fare lo stesso TAR, non troveremo chi si rivolge ai consorzi e non per mancanza di volontà, ma perché saranno morti.

 

 

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